TFS – The Forum Speaker
DESCRIZIONE
Il primo kit a progetto collettivo!
Il progetto ha preso le mosse da un messaggio del forum del 1 marzo 2004 ed è stato discusso e messo a punto nell’ambito del Renato Giussani Web Site Forum.
La versione definitiva 3.2 del TFS-1 (The Forum Speaker) è stata completata il 16 luglio 2004.
PREMESSA
Il nome TFS è un acronimo che, sulla falsariga del The Audio Speaker proposto negli anni ’80 dalle pagine della “mia” rivista di allora, Audio Review, sta per The Forum Speaker. Ricordo che nel mio Salotto Virtuale si stava discutendo di amplificatori a valvole di bassa potenza della tipologia comunemente detti “triodini” e, ovviamente, le opinioni a riguardo erano le più disparate. Sostanzialmente, i più critici erano e sono proprio i progettisti elettronici, ovvero quella categoria di tecnici che sanno come dovrebbe essere progettato e da cosa dovrebbe essere costituito un amplificatore elettronico di bassa frequenza per poter garantire un funzionamento ottimale quando collegato a carichi costituiti da sistemi di altoparlanti. E i triodini non lo sono proprio… Ed ecco quindi uno dei motivi per cui alcuni costruttori/commercianti, soprattutto nelle manifestazioni fieristiche di settore, ma anche attraverso molti negozi, propongono l’abbinamento dei suddetti miniamplificatori a casse la cui impedenza si suppone più “facile” da pilotare con la scarsa tensione/corrente disponibile, cioè i “monovia”. In realtà i sistemi che fanno uso di un solo altoparlante “a gamma estesa”, e che sono una delle tante stranezze proposte in questo inizio millennio, nascono per almeno due motivi diversi. Il primo è costituito dalla ovvia maggiore facilità di progettazione, costruzione e assemblaggio rispetto ai sistemi a più vie (nati, ricordiamolo bene, proprio per supplire alle notevoli carenze degli altoparlanti extended-range). Basta che il costruttore dell’altoparlante prescelto abbia fatto bene il suo lavoro e il costruttore della cassa non glielo rovini… Il secondo motivo è da ricercarsi nel fatto che, in realtà, per garantire una buona fedeltà di riproduzione della maggior parte degli strumenti musicali, voce umana compresa, non è indispensabile avere a disposizione altoparlanti capaci di emettere tutta la fatidica banda audio estesa da 20 a 20.000 Hz (tanto è vero che, specifiche dichiarate a parte, nessuna delle casse che potete trovare nei negozi di alta fedeltà o sulla rete è in grado di emetterla), mentre nel caso di pilotaggio da parte di amplificatori aventi una resistenza interna elevata (quale è il caso dei triodini) la “equalizzazione automatica” conseguente all’abbinamento fra quel tipo di amplificatori e l’impedenza dell’altoparlante diviene una variabile che influisce meno drammaticamente sulla qualità della timbrica finale, rispetto al caso di sistemi multivia non progettati per simili abbinamenti. Però, visto che taluni ascoltatori degni di fede dichiarano di non avere mai sentito uscire un suono migliore da nessun amplificatore che non fosse il loro triodino, essendo che il mio gruppo di lavoro ha deciso di rispettare le opinioni di chiunque le abbia costruite personalmente e con attenzione sul campo, abbiamo deciso di passare all’azione offrendo un nostro contributo originale alla causa. Contributo che si è esplicitato nel progetto del TFS che vado a presentarvi e che vuole essere una proposta di sistema multivia ad alta efficienza e facile pilotaggio, particolarmente adatto a consentire un funzionamento ottimale da parte di qualsiasi amplificatore, triodini compresi. Le ipotesi iniziali del progetto tenevano anzitutto in conto il fatto che il segnale musicale, ai fini della progettazione di qualsiasi elemento della “catena audio”, può essere considerato costituito da una somma di componenti di frequenza e ampiezza diverse e ampiamente variabili tale da presentare su tempi lunghi (un intero brano musicale) un fattore di cresta (ossia il rapporto fra il valore di picco e quello efficace dello stesso segnale) pari a circa 20 dB, in tensione e in pressione, equivalente a 100 volte in potenza. Fin dagli anni ’70 avevo scritto un programma per la mia calcolatrice programmabile HP-97 con il quale potevo valutare la potenza RMS necessaria per conseguire (in un normale ambiente d’ascolto i cui parametri principali potevano essere impostati e variati a piacere) un livello massimo di picco di 113 dB. Da molti considerato ottimale, anche se accontentarsi di livelli inferiori non è reato. Nel 2003 mi ero divertito a riscrivere il suddetto programma in Visual Basic ed ora è scaricabile dal mio sito on The Internet (www.renatogiussani.it). Il suo nome è PotenzaWin 1.4. Lo abbiamo usato impostando i dati di un piccolo ambiente domestico e prevedendo un ascolto dalla distanza abbastanza ravvicinata di 2 metri e ne abbiamo tratto che, disponendo di un amplificatore stereo capace di fornire almeno 5 Watt per canale, per poter conseguire un livello di picco di 110 dB spl avremmo dovuto progettare una cassa da almeno 94,7 dB/2,83V/1m.
Vi anticipo fin d’ora che la sensibilità che il TFS ha dimostrato di possedere alla fine della sua costruzione è di circa 93 dB/2,83V/1m. E vi posso assicurare che è “tanta”. Prima ancora di andare a valutare quali altoparlanti usare o in quale configurazione, il gruppo di studio costituitosi all’interno del mio forum del 2004 ha deciso che non avremmo dovuto in alcun modo fare uso di trombe, in particolare per la emissione della gamma media. D’altro canto, da un gruppo di lavoro composto per lo più da persone amanti del suono dei midrange a cono in polipropilene, a cupola morbida e/o dei più moderni planari (ovvero di componenti virtualmente privi di break-up incontrollati e di risonanze di membrana) non ci si poteva attendere altro. Un’altra condizione importante era che l’impedenza fosse abbastanza alta e presentasse poche ondulazioni in gamma media, mentre l’ingombro complessivo delle casse doveva mantenersi entro limiti “accettabili” dai più (sia pure con un po’ di “buona volontà”) nonostante le notevoli richieste di ottime estensione e capacità dinamica alle basse frequenze. E qui vi anticipo un’altro dato di sicuro interesse. Per le sue caratteristiche di progetto, in realtà il TFS può essere pilotato anche da amplificatori di potenza massima fino a 1.000 Watt per canale su 8 ohm. Fra le possibili applicazioni di questo sistema, oltre ad essere adatto alla sonorizzazione di piccoli ambienti con bassa potenza, rientra quindi anche l’impiego in ampie sale da ballo o piccoli cinema.
Al fine di rispondere adeguatamente alle stringenti richieste dei proponenti il progetto, ho deciso di definire in primis le condizioni base di utilizzo degli altoparlanti che avremmo dovuto cercare, ovvero il tipo e la forma del mobile. Quello che è apparso subito ovvio era che avremmo dovuto progettare un sistema reflex con un volume non proprio contenuto. Mentre, per poter garantire caratteristiche timbriche davvero High-End, anche la tipologia e le caratteristiche di montaggio di midrange e tweeter non potevano certo essere decise alla leggera. Alla fine la forma prescelta è stata proprio quella delle mie “storiche” Delta 4 Audiolab. Uno dei motivi iniziali di questa preferenza è stato che, non avendo trovato un woofer che “ci piacesse” capace di tutta la riserva di sensibilità della quale volevamo poter disporre per la fase di messa a punto del sistema, ho personalmente suggerito di usufruire dell’aumento di livello garantito dal posizionamento del woofer molto vicino al pavimento, posizionamento che fa nascere una sua immagine speculare molto vicina e capace di garantire un aumento del livello valutabile in ambiente chiuso in circa 2-3 dB.
Inoltre la finestra d’ascolto ottimale avrebbe dovuto consentire sia l’ascolto da seduti che in piedi.
Ed ecco che la forma a questo punto era quasi obbligata, e l’amico Gianmaria Loiodice (chi di voi non ricorda i suoi Galactron MK16 e MK160?) è stato subito messo al lavoro per elaborare una ennesima variante sul tema delle sue Audiolab Delta 4. Eccolo al lavoro ed ecco il risultato (foto accanto).
Permettetemi a questo punto di inserire qui alcune note già pubblicate altrove in questo sito internet (www.renatogiussani.it) che evidenziano alcuni dei vantaggi di avere scelto una simile forma (che, per chi non lo sapesse, è nata nel 1978 ispirandosi al monolite di 2001 Space Odyssey): “Qualcuno avrà notato che, mentre ero appena uscito dalla ESB (dove avevo raccolto un notevole successo con la serie 7), per proporre un kit importante dalle pagine di Audio Review non ho scelto una struttura Serie7-like, bensì di montare altoparlanti diversi (tre vie) in un mobile esattamente uguale a quello delle Audiolab Delta 4 (quattro vie, progetto che avevo realizzato nel 1978).
Un motivo ci sarà pure stato… Anzi, più di uno. E se anche nel 2004, alla fine mi sono convinto a tornare su simili passi, i motivi non sono stati molto diversi.
1 – Il mobile è costruibile con molta buona volontà, ma pochi attrezzi comuni. Io e il mio amico Andrea Riderelli, per costruire le nostre Delta 4 Audiolab versione 2003 abbiamo usato un trapano, un seghetto alternativo, una sega circolare, una fresa a mano, un martello, un cacciavite, carta vetrata, una riga, una squadra, un calibro, una matita, un tavolo da lavoro cinese, due morsetti, ritagli di legno di scarto. Per la “finitura”, triangolini laterali a parte, basta vernice nera opaca in bombolette e tela “acustica” fissata con Bostik e sparapunti.
2 – Nonostante la forma inconsueta e le dimensioni non contenutissime, il conseguimento di un livello di finitura (a realizzazione completata, con tutti i telai e i due triangoli “estetici” laterali) adeguato all’estetica di qualsiasi ambiente è quindi alla portata di tutti.
3 – Eventuali spostamenti sono facilitati dalla possibilità di separare la parte bassa da quella sostenuta dai montanti.
4 – Il mobile del woofer ha una forma tale da minimizzare la possibilità di insorgenza di onde stazionarie o rimbombi interni, nonché le risonanze dei pannelli. I due laterali sono piccoli e triangolari (ottenendo un ottimo spread e conseguente attenuazione delle frequenze proprie), il frontale e il posteriore sono facilmente collegabili tramite un elemento di rinforzo a sua volta triangolare, bloccandone di fatto i possibili movimenti di “respirazione”. Inoltre, il pannello posteriore inclinato facilita l’accesso alla morsettiera.
5 – Il woofer può essere posizionato molto vicino al pavimento potendo quindi usufruire di un buon rinforzo della sua emissione senza dover accettare cancellazioni dovute alla riflessione sul pavimento, fino a frequenze relativamente molto alte.
6 – Il posizionamento avanzato dello stesso woofer che si consegue grazie all’inclinazione del pannello ottiene: di non entrarci dentro inavvertitamente con i piedi, di recuperare almeno in parte il group-delay del suo filtro oltre all’offset geometrico normalmente presente con il montaggio su pannello verticale. Con il filtro del second’ordine che impiego normalmente io, mi consente anche di orientare meglio il lobo di dispersione all’incrocio oltre che di emettere verso l’ascoltatore tutte le frequenze coinvolte nella somma acustica con il midrange ben oltre la frequenza d’incrocio.
7 – La forma scelta, con il vertice principale verso l’alto, consente una base di appoggio stabile ed un buon/facile sostegno del gruppo medio-alti con l’uso di due stretti montanti in luogo di un pannello, minimizzando quindi altre possibili fonti di emissione di segnali spuri.
8 – Nel caso del TFS, abbiamo scoperto un ulteriore pregio. Essendo la base da 6 cm nascosta per metà dagli elementi estetici esterni, abbiamo ottenuto di poter mantenere l’estetica di una base alta 3 cm, ma con il volume necessario per infilarci dentro ben nascosto tutto il condotto di accordo reflex, senza dover rubare volume al prisma sovrastante.
9 – Quanto alla parte alta, possiamo dire intanto che la sua completa indipendenza dal prisma e il notevole spazio disponibile all’interno dei telai portatela consente di adattare facilmente la struttura ed il montaggio degli altoparlanti alle più disparate situazioni.
10 – Nel caso delle Delta 4 abbiamo un gruppo di tre altoparlanti a cupola montati su un unico pannello smussato largo 16,6 cm, alto 36,6 cm, profondo 2 cm. Il pannello del The Audio Speaker accoglieva un Seas da 17 cm ed un tweeter a cupola con dimensioni esterne fuori tutto di 23 x 38 x 9 cm (il volume non usava tutta l’altezza e raggiungeva i 2 litri), mentre il TFS ha un pannello, fresato, da 23 x 39 x 12 cm, per 7 litri lordi interni.
11 – Il montaggio del gruppo medio alti su un pannellino piccolo a distanza prefissata dal woofer e sulla sua verticale consente di ottenere una corretta espansione verticale dell’immagine acustica abbinata ad un suono molto particolare, senza effetto/pannello come nei minidiffusori, ma con una gamma medio-bassa e bassa da diffusore grande.
12 – Quando la “cassa” è chiusa con i telai portatela, si ha la sensazione di ascoltare un grande pannello (elettrostatico/isodinamico) di qualità molto alta, ma con una risposta ben presente anche agli estremi banda e una notevole dispersione.
E per finire, l’estetica da monolite ideata da Giammaria Lojodice nel 1977 ha sempre raccolto notevoli consensi.”
Torniamo ora alla “presa diretta”, per evidenziare subito alcune altre particolarità del TFS.
Ad esempio, proviamo ad approfondire un poco alcuni ragionamenti atti a farci capire meglio cosa si riesce a conseguire facendo uso della forma prescelta, a prisma triangolare, per il volume del woofer.
IL VOLUME DEL WOOFER
Le pareti di chiusura di una cassa acustica dovrebbero poter garantire il massimo possibile isolamento fra l’interno e l’esterno. Basterà ricordare che quando un’onda acustica incontra una parete in parte ne viene riflessa in parte assorbita e in parte trasmessa, per poter cominciare a stabilire subito alcune regole. Se vogliamo che la parete non consenta alcun passaggio dell’onda dall’interno all’esterno possiamo agire sia sulla riflessione che sulla trasmissione, cercando di aumentare la prima e ridurre la seconda aumentando sia la rigidità che il peso della parete. Ma possiamo cercare di agire anche sull’assorbimento, sia applicandole strati assorbenti che aumentandone lo smorzamento. Insomma, in parole povere la nostra parete dovrebbe essere contemporaneamente dotata di massima rigidità, massimo peso, massimo smorzamento. Per quanto attiene alla parte dell’energia incidente che viene trasformata in vibrazioni della parete stessa, possiamo dire che queste vibrazioni parteciperanno al fenomeno della trasmissione, e che per ridurle il più possibile di ampiezza le conclusioni cui si perviene sono le stesse già viste: massimizzarne rigidità, smorzamento e peso. Ma, purtroppo, più tentiamo di rendere la parete rigida e più ne riduciamo lo smorzamento (a parità di spessore). Un metodo per riuscire intanto ad aumentare entrambi questi due parametri, almeno in valore assoluto (che è quello che ci interessa), se non relativo alle dimensioni, è quello di aumentare lo spessore del pannello. Con questa scelta si ottiene al contempo di aumentare anche il peso (la massa) della parete stessa. Ecco perché le GR NPS-1000 hanno pareti spesse fino a 6 cm. Un altro metodo per aumentare la rigidità è posizionare opportuni rinforzi e puntoni, ma questo non aumenta né il peso né lo smorzamento ed è scelto spesso dai costruttori solo perché è più economico dell’aumento di spessore dell’intero pannello. Un metodo per aumentare lo smorzamento, oltre quello poco usato di costruire le pareti più o meno come i doppi vetri e riempire poi lo spazio vuoto fra i due pannelli con sabbia, è quello di usare materiali ad alto smorzamento intrinseco interno. Ovvero non multistrato o MDF, ma truciolare con trucioli grandi e poco compresso. Un altro metodo è quello di applicare sulle pareti materiali smorzanti. Fra i quali possono essere annoverate anche opportune sostanze come la plastilina, ad esempio, o vernici appropriate (che rimangano “plastiche”). Sembrerebbe quindi che un materiale poco elastico e molto plastico vada bene… E allora perché non il piombo, che aggiunge contemporaneamente, e a basso costo, anche un notevole peso (si può usare lastra di piombo da 1,5 mm di spessore tagliandola con forbici robuste e incollandola con normalissimo Bostik). Un altro sistema per ridurre le risonanze dei pannelli, sparpagliandole e combattendo la nascita di stazionarie, è quello di usare pannelli triangolari (o comunque con lati non paralleli). Visti quindi i molti motivi alla base delle principali scelte costruttive relative al volume a disposizione del woofer del TFS, addentriamoci ora nella parte relativa a midrange e tweeter.
IL GRUPPO MEDIO-ALTI
In primo luogo converrà rileggere una parte di una pagina del mio sito, cioè questa:
Scena acustica – Soundstage: Tutto lo “spazio acustico” che si trova intorno all’ascoltatore, principalmente davanti a lui. Tutto il volume percepito come occupato da sorgenti acustiche reali, virtuali (ad esempio sorgenti riflesse) e fantasma (che esistono solo nella testa di chi ascolta, come ad esempio l’immagine centrale che si ottiene in un sistema stereofonico alimentato con un segnale monofonico, come pure la percezione di sorgenti inesistenti ricreate da complessi fenomeni psicoacustici). – Durante l’ascolto dal vivo: Le sorgenti prevalenti sono quelle reali. – Durante l’ascolto di un sistema stereofonico o Dolby Surround: Le sorgenti prevalenti, nei migliori sistemi hifi, sono le virtuali e le fantasma. La scena acustica riprodotta varia al variare del tipo di sistemi di trasduzione, della loro forma e dimensioni, delle loro caratteristiche di emissione, della loro risposta all’impulso, dell’ambiente, dell’ascoltatore, della sua posizione, della sua esperienza d’ascolto di suono reale e/o riprodotto, della sua situazione fisica/psicologica al momento del particolare ascolto… Normalmente si conviene che la scena acustica possa essere caratterizzata da una ampiezza (più o meno “stabile”), una altezza (spesso molto aleatoria) ed una profondità, entro la quale i vari “piani sonori” possono essere più o meno facilmente distinguibili. Se ne deduce che, “nei migliori sistemi hi-fi”, le sorgenti reali costituite dagli altoparlanti e dalle casse devono essere meno udibili possibile, e questo risultato può essere ottenuto minimizzando la loro “presenza fisica”, dal punto di vista delle onde acustiche che esse stesse emettono.
LA DISPERSIONE
Perché un’onda acustica “non si accorga” della presenza di un oggetto reale posto sul suo cammino è sufficiente che tale oggetto abbia dimensioni “piccole rispetto alla lunghezza d’onda del segnale acustico coinvolto”. E ciò vale anche per le dimensioni della sorgente stessa, che apparirà vieppiù meno “presente” quanto più le sue dimensioni relative saranno piccole. Nel caso dei sistemi “tipo Delta 4” la dimensione del pannellino frontale è tale da minimizzare la udibilità della sua presenza già a partire dai 1.000 Hz in giù. Ciò vuol dire che la dispersione orizzontale delle onde acustiche emesse dagli altoparlanti montati su tale pannellino può allargarsi fino al valore che avrebbe in assenza del pannello stesso per tutte le frequenze fino ai 1.000 Hz, mentre al di sopra avrà un andamento simile a quello che avrebbe se le stesse onde fossero emesse da una qualsiasi sorgente naturale avente una dimensione orizzontale simile a quella del pannellino. Tale effetto conduce ad avere una dispersione simile a quella che si riscontra intorno ad una testa umana… E questo fatto è sufficiente a giustificare la particolarissima sensazione che l’ascoltatore prova quando cammina girando intorno ad una Delta 4 o a un TFS mentre questi riproducono una voce umana. L’effetto è estremamente simile a quello che si ha girando intorno ad una persona che si trovi realmente in piedi nella posizione occupata dalla cassa. Naturalmente le onde acustiche che vengono “emesse verso il lato posteriore” della cassa non devono incontrare ostacoli sul loro cammino, e ciò basta a spiegare la presenza di un pannello posteriore acusticamente trasparente, esattamente come quello anteriore, anche dietro al mobile.
LA DIFFRAZIONE
Un altro fenomeno acustico che rende udibile la presenza del mobile dei sistemi di altoparlanti è quello che prende il nome di diffrazione, che nel caso in oggetto avviene ai bordi del pannello frontale. La diffrazione avviene ogni volta che l’onda acustica interessata incontra sul suo cammino una brusca variazione dell’impedenza di radiazione a causa di un “ostacolo”. Naturalmente tale ostacolo deve avere dimensioni tali da poter essere “visto” dal suono che, se caratterizzato da una lunghezza d’onda superiore ad un dato valore correlato alla dimensione dell’ostacolo, ai fini della nascita del fenomeno della diffrazione si accorgerà meno della sua presenza. La diffrazione ai bordi di un mobile di cassa acustica è un fenomeno per il quale, là dove il mobile bruscamente finisce, l’onda acustica che sta viaggiando lungo il pannello frontale subisce una perturbazione che causa la emissione di onde di pari frequenza anche in tutte le altre direzioni non occupate fisicamente dal mobile, come se nello spigolo nascesse una ulteriore sorgente acustica emittente in ritardo e con intensità inferiore rispetto a quella principale. Riducendo la dimensione orizzontale del pannello frontale si riduce la differenza fra i tempi di arrivo dei segnali diretti e di quelli diffratti ai bordi, ottenendo di diminuire considerevolmente la udibilità della presenza di quest’ultimi. Ciò aiuta ulteriormente il nostro sistema uditivo ad attribuire alle sorgenti acustiche virtuali le cui onde acustiche sono state registrate, una “presenza” ed una “consistenza” molto più “percepibili e realistiche” di quanto non lo sia la vera sorgente reale costituita dagli altoparlanti che le riproducono. Un altro sistema che si può mettere in atto per ridurre la diffrazione più deleteria, cioè quella generata in corrispondenza ad uno spigolo abbastanza lontano dall’altoparlante (e per questo molto ritardata e perciò più facilmente udibile come separata dalla emissione principale orientata direttamente verso l’ascoltatore) consiste nel cercare di attenuare l’onda che viaggia lungo il pannello causando ad arte più fenomeni di diffrazione localizzati a distanze ridotte dall’altoparlante, praticando sul pannello opportune fresature che agiscono quali discontinuità programmate. Ad ogni fresatura una parte dell’energia dell’onda principale viene diffratta in tutte le direzioni sottraendosi di fatto a quella dell’onda che prosegue il suo cammino lungo il pannello verso lo spigolo più lontano, ottenendo in pratica di attenuare l’intensità dei segnali diffratti dagli spigoli più lontani e quindi potenzialmente più dannosi. Contemporaneamente, le caratteristiche dei segnali provenienti dal pannellino ed attribuibili alla sua presenza (vuoi “piccolo”, vuoi solcato da fresature come descritto), saranno molto differenti da quelle dei segnali registrati e riprodotti relativi a sorgenti reali più ampie della dimensione orizzontale del pannellino cm (la maggior parte delle sorgenti reali), ottenendo di non “confondersi” con esse. Ciò renderà i segnali registrati e riprodotti più facilmente identificabili ed utilizzabili da parte del nostro sistema uditivo, al fine di ricostruire la presenza soggettiva delle sorgenti virtuali e fantasma “desiderate” (quelle che emettevano quei segnali durante la registrazione). E per finire: qualcuno potrebbe chiedersi perché io attribuisca molta importanza alla larghezza del pannellino medio-alti del TFS e poca alla sua altezza. I segnali acustici diffratti dai bordi superiore ed inferiore hanno “molte probabilità” di essere molto più ritardati rispetto ai segnali emessi dagli altoparlanti frontalmente e perciò stesso più facilmente discriminabili da questi ultimi e più in grado di “inquinare” le informazioni circa le diffrazioni delle sorgenti reali registrate, se confrontati con le diffrazioni dai bordi laterali. Certo, tutto ciò e vero e con opportune strumentazioni potrebbe essere anche dimostrato, ma si dà il caso che il nostro sistema uditivo utilizzi, per discriminare i tempi di arrivo e le fasi relative fra segnali provenienti da direzioni diverse, un supporto fisico costituito da due orecchie disposte in orizzontale. E come tali sensibilissime alle differenze dei tempi di arrivo fra segnali provenienti da posizioni allineate su un piano orizzontale, mentre assolutamente poco sensibili a differenze che si verifichino fra i tempi di arrivo di segnali provenienti da zone dello spazio allineate in verticale. Tutti ad esempio sappiamo bene che gli animali dotati di due orecchie disposte in orizzontale, quando vogliono prestare maggiore attenzione alle caratteristiche di un suono che li interessa, tendono ad inclinare la testa. In questo modo il sistema uditivo viene dotato anche di una differenza di quota fra le due orecchie che gli consente di valutare meglio anche la quota e la dimensione verticale della sorgente acustica che tale suono sta emettendo, oltre a quelle orizzontali.
LA TRASPARENZA
Come nel caso delle casse elettrostatiche, che oppongono una debolissima resistenza al passaggio delle onde emesse posteriormente e riflesse verso l’ascoltatore dalla parete dell’ambiente posteriore alle casse stesse, rendendone perciò stesso meno udibile la presenza, le casse “tipo Delta 4”, fra cui anche il The Forum Speaker, “non vengono viste affatto” da tutti i segnali da queste emessi posteriormente ed eventualmente riflessi da una parete posteriore.
GLI ALTOPARLANTI
Passiamo finalmente a vedere quali altoparlanti abbiamo scelto. Intanto, per ottenere la sensibilità desiderata e poter attuare nel volume a disposizione (Vb=68 litri) l’allineamento Reflex QB3 prescelto, caratterizzato da un andamento molto “morbido” (Fb=37 Hz, Ql=3), abbiamo trovato questo ottimo woofer professionale Beyma:
Impostando in Bass-PC i dati appena visti e ipotizzando una resistenza in serie (quella dell’induttore di filtro) di 0,5 ohm si ottiene questo grafico di risposta ed escursione teoriche:
Risposta verificata poi con la scheda Clio da Maurizio Jacchia, utilizzando il metodo del microfono “in box”, ottenendo una risposta che conferma la simulazione di BASS-PC:
Il woofer del TFS si incrocia con il midrange a 250 Hz, mentre il “midrange” stesso funziona fra i 250 Hz ed i 4 kHz. E l’altoparlante che abbiamo scelto per questo gravoso compito è il seguente:
Che, come abbiamo visto, monteremo in un volume chiuso di 7 litri, coibentato rivestendo tutte le pareti interne tranne quella frontale con lana di vetro da 20 kg/m3 e 2 cm di spessore.
Mentre il tweeter che ha raccolto le nostre preferenze è sempre di produzione Beyma ed è il seguente:
Per il quale vengono dichiarate la seguente risposta in frequenza e distorsione di seconda e terza armonica:
Eccoci quindi pronti per cominciare ad usare il mio programma Cross-PC per cominciare a fare mente locale sulla tipologia di filtro implementabile:
Questa invece la simulazione globale:
Saltando a pie’ pari tutta la lunghissima fase di messa a punto che ha previsto ascolti prolungati e ripetuti sia da parte mia che con il gruppo di sviluppo, ecco cosa ha fornito la misura della emissione dei vari altoparlanti filtrati montati sul mobile del TFS, misura ottenuta impiegando una scheda Clio con segnale sinusoidale gated.
Cui corrisponde una risposta in ambiente d’ascolto, rilevata a 3 metri di distanza, come da grafico seguente:
Nel quale si intravedono in realtà tre curve, corrispondenti a diverse fasi di sviluppo. E questo particolare mi consente di spendere alcune parole sull’importanza delle piccole variazioni di livello su bande di frequenza localizzate, comprese entro lo spettro audio riprodotto.Tutti potete facilmente vedere che le differenze di livello fra le varie curve sono davvero molto contenute. Ma all’ascolto non lo erano affatto. E corrispondono a tre diverse versioni del filtro delle quali solo una è stata alla fine preferita con grande margine dagli ascoltatori che le stavano valutando. Tanto per rendere l’idea, mentre la curva bianca è stata considerata in grado di farci risentire il suono del violino che era stato appena registrato e riprodotto nello stesso ambiente in modo molto simile all’originale, la curva rossa che mostra circa 1 dB rispetto alla bianca in più fra i 2000 ed i 5000 Hz è stata accusata di restituire un violino molto “alla corda”. Ma non crediate che le numerose versioni che si sono susseguite ascolto dopo ascolto abbiano mostrato sempre differenze così facilmente misurabili. Spesso le nostre sensazioni d’ascolto e le nostre preferenze venivano fortemente orientate da differenze ben inferiori al mezzo dB. Ed ecco quindi un altro dei risultati della mia esperienza cui accennavo in apertura che questo articolo mi consente di girarvi: le differenze che si possono facilmente sentire fra cavi di collegamento diversi sono per lo più dovute proprio a queste piccole variazioni di livello, che appaiono ai morsetti delle nostre casse in misura diversa al variare dei tre parametri fondamentali che sono perfettamente in grado da soli di definire completamente le caratteristiche di qualsiasi cavo per bassa frequenza (tutte le frequenze audio), ovvero induttanza L, resistenza R e capacità C.
IL FILTRO DI CROSSOVER
Ed eccovi quindi il crossover del TFS cui siamo pervenuti tenendo nel debito conto praticamente tutti i concetti testé esposti.Tutti i valori capacitivi e induttivi indicati devono essere rispettati entro una maschera di più o meno il 5%. Fanno eccezione i valori resistivi (in C.C.) degli induttori delle celle di filtro di tweeter e midrange, che con la tipologia scelta sono molto meno critici. Per questi si potranno tollerare anche variazioni di +100% -50%. Per quanto riguarda invece il valore resistivo dell’induttore in serie al woofer sarà meglio non eccedere il 20%. Da notare, che il filtro è stato messo a punto impiegando i mobili dei due prototipi costruiti come descritto in questo articolo e che qualsiasi variante costruttiva dei mobili (sia pure “migliorativa”) si rifletterebbe automaticamente (vista anche l’importanza attribuita, durante la messa a punto, ad ogni minima variazione di tutti i parametri acustici coinvolti) nella necessità di rivedere anche il filtro. Scendendo un poco nel dettaglio, vediamo che si tratta di una configurazione ad ingressi in parallelo abbastanza convenzionale, che prevede celle del second’ordine per tutti i componenti. Visto che si voleva ottenere la massima efficienza possibile, il numero di resistenze impiegato è stato ovviamente ridotto al minimo. Ciononostante il filtro può essere considerato sufficientemente smorzato (tutti i Q delle varie celle sono ben contenuti) da non poter essere ritenuto responsabile di qualsivoglia coda sonora. La resistenza da 4,7 ohm in serie al Fostex, ove si decidesse di impiegare il TFS in una installazione di alta potenza, deve necessariamente essere ben dimensionata (almeno 20 Watt), mentre per quella da 2,2 ohm del tweeter, in ragione della alta frequenza d’incrocio, 5 Watt dovrebbero bastare. E questa è l’impedenza elettrica che abbiamo ottenuto:
IL MOBILE
Questi sono i dimensionamenti adottati in via definitiva ed usati anche per costruire i primi due prototipi. Tutte le fresature sono profonde 7 mm come indicato e larghe 11,5 mm.Quelle inferiori sono lunghe 52 mm (in luogo dei 60 indicati).La distanza fra loro è di 5,5 mm e la distanza di quelle più esterne dallo spigolo del pannello è di 2 mm.
IN CONCLUSIONE
Durante l’ascolto di musica con una coppia di TFS l’ascoltatore può più facilmente provare la sensazione di ascoltare stando di fronte al palcoscenico reale, dimenticando la presenza fisica delle casse, rispetto a qualsiasi altra situazione che preveda sistemi di altoparlanti caratterizzati da pannelli anteriori di maggiori dimensioni.
NOTE AGGIUNTIVE
Ecco come abbiamo realizzato il condotto “invisibile” che accorda il TFS-1 a 37 Hz. Immaginate il mobile prismatico a terra con la faccia del woofer in alto e il pannello posteriore contro il pavimento e voi che guardate il pannello di base del prisma. Sotto al pannello di base è fissata una base in listelli a forma di U,fatta con listelli da cm 5,0 x 1,5 messi di taglio, centrata nello spazio disponibile (5 cm fra la base esterna della U e la fine del pannello di base del mobile). Nel senso dell’altezza della U (profondità del mobile) la misura esterna è 44 cm (interna 42,5, dato che un lato, quello in alto “posteriore” quando la cassa è in piedi, manca). In basso “appoggiato” dentro alla U c’è un foro rettangolare nel pannello di base lungo 35 cm (tutta la larghezza interna della U, che esternamente è larga 38) e largo 5 cm. Il tutto poi è chiuso inferiormente (lasciando aperto il buco dietro) da un pannello in MDF da 1 cm (il che riporta la altezza della base a 6 cm) x 38 x 44. Il condotto così realizzato è quindi una L la cui lunghezza mediana è pari a 42,5-2,5+2,5+2=44,5 cm ed avente una sezione pari a 35 x 5 = 175 cm equivalente ad un tubo di sezione circolare da 15 cm di diametro (il doppio della sezione consigliata per un woofer da 12″ dal programma Bass). Con un condotto di diametro equivalente pari a 15 cm ed un volume di 68 litri, il Bass-PC dice che per conseguire 37 Hz di risonanza la lunghezza deve essere 44,3 cm, il che mi pare dimostri una precisione esagerata. Quanto all’assorbente acustico interno, è stata usata lana di vetro da 20 Kg/m3 disposta su tutte le pareti interne tranne quella frontale, avendo cura di lasciare completamente libera la feritoia anteriore di collegamento con il sottostante condotto di accordo. Il rinforzo di cui si parla altrove è un triangolo scaleno di truciolare da 20 mm di spessore che collega fra loro i pannelli anteriore e posteriore del prisma, nella zona sopra al woofer anteriormente e al pannellino dei morsetti di ingresso posteriormente.
Altre informazioni: il centro del Fostex è a 110 cm da terra, quello del tweeter è a 125 cm. I pannelli del “prisma” sono tutti in truciolare da 20mm di spessore.